Una ricerca sociale che diventa romanzo. Intervista a Melania Gaia Mazzucco


FOTO DI  Gian-Luca Rossetti

FOTO DI Gian-Luca Rossetti

Melania Gaia Mazzucco è una scrittrice italiana molto letta e molto celebre. La sua attività artistica non si limita ai romanzi. Numerosissime sono le sue ricerche sulla storia dell’arte su quotidiani italiani che spesso vengono raccolti in volume
Melania Gaia Mazzucco era invitata alla annuale fiera del libro a Göteborg e poi a Stoccolma invitata dall’istituto italiano di Cultura. La scrittrice ha pubblicato in questi giorni Du är som du är (Sei come sei) per la Contempo che precedentemente aveva pubblicato il suo Limbo. 
Presso la Norstedts la Mazzucco ha pubblicato qualche anno fa un altro romanzo: Vita.

Ho incontrato Melania Gaia Mazzucco per un’intervista.

Volevo iniziare con una domanda sulle relazioni tra scrittura (la scrittrice) e il critico d’arte.

-Ho scritto un libro Il museo del Mondo che si compone di 52 ritratti tutti pubblicati precedentemente sul quotidiano italiano La Repubblica. Questo dopo il romanzo sul Tintoretto La lunga attesa dell’angelo e la mastodontica biografia, più di mille pagine, sullo stesso Tintoretto: Jacomo Tintoretto e i suoi figli. Storia di una famiglia veneziana.

 In realtà come formazione sono una storica delle idee e una contemporaneista. Ho iniziato col Tintoretto perché a Venezia ho visto un raro quadro del pittore, quadro non conosciuto ai più, La presentazione di Maria al Tempio a Cannaregio nella chiesa della Madonna dell’orto.

Un quadro che mi abbagliò. Da lì è cominciata una lunga ricerca su Tintoretto ed ho scritto un libro La lunga attesa dell’angelo che più di essere una storia o un romanzo sul Tintoretto, traccia il ritratto di sua figlia Marietta, molto brava che sarebbe potuta diventare molto nota alla pari delle pittrici alla corte spagnola come Sofonisba Anguissola. Ma il padre disse di no e la costrinse a stare con lui.
Poi però ho anche scritto il lunghissimo saggio sul Tintoretto e la sua famiglia. Questo fatto ha poi generato tutta una serie di nuove richieste di romanzi e biografie da parte di editori.

Così io, che non sono direttamente una storica dell’arte, mi sono trasformata in un “intendente” in un mecenate mio malgrado, cercando una armonia tra ricerca e lingua del romanzo.

Sei come sei è la storia di una coppia di omosessuali che, prendendo in affitto il corpo di una donna, danno alla luce una bambina. Ad un certo punto uno dei due, il donatore di sperma quindi padre biologico Cristian, muore e lí comincia tutta la storia tra il padre non padre sopravvissuto che viene definito inadatto a prendersi cura della figlia e la figlia che a un certo punto lo ritroverà scoprendo un mondo a lei sconosciuto. Cominciamo a parlare dell’utero in affitto che anche qui da noi ha provocato polemiche.

 

-Io ho scritto la storia della relazione tra padre e figlia. I miei sono tutti romanzi sui rapporti tra persone, tra familiari, spesso tra padri e figlia. Questa volta mi sono occupata delle “nuove famiglie” e quindi del rapporto tra un padre gay ed una figlia che non ha mai avuto una madre. In Italia tutto questo è ancora tabù, ancora qualcosa di inconfessabile. Se addirittura ci sono dei problemi tra le famiglie di fatto, figuriamoci per quelle omosessuali. So che in Svezia la situazione è molto diversa e che lo stato riconosce queste coppie, il matrimonio, i figli. In Italia, ad onore del vero, bisogna dire che la gente, il popolo, in molti casi ha superato questi tabù. Ci sono centinaia di migliaia di famiglie arcobaleno e quindi ancor più numerosi sono, i nonni, le zie e i nipoti. La discriminazione diventa più difficile.

 

Il bacio della medusa, il tuo primo libro, già affrontava questa problematica mi pare…

 

-Si, era la storia dell’amore tra due donne in un ospedale psichiatrico agli inizi del 900. Il lesbismo si chiamava allora Tribadismo e si era ricoverati in manicomio per questo. Oggi all’Italia manca il coraggio politico per non discriminare. Tra la gente mi pare che le cose siano molto diverse. I politici hanno timore della chiesa, un timore spesso infondato anche questo, perché solo gli ambienti retrivi di essa reprimono. Si tratta di un problema politico più che sociale.

Questo libro Così come sei mi ha procurato dei problemi in Italia, come denunce e minacce. Quella che era una storia di una realtà sociale esistente è diventato un problema. Per la questione dell’utero in affitto, molti dicono che sono le coppie gay più agiate a poterselo permettere. Tuttavia non è solo la gente omosessuale ricca che vuole avere un figlio anche gli operai hanno lo stesso desiderio, ho incontrato molte coppie durante la mia ricerca prima di scrivere il libro. Cosi come sei fu attaccato da ambienti retrivi cattolici ma ha riscosso un grande successo in altri ambienti e non solo gay.

Limbo è un libro diverso. È la storia di un’ufficiale italiana in forza in Afghanistan che viene ferita gravemente in un attentato. La donna, Manuela Paris, continuerà ad essere guerriera anche tornando a casa e mai tradirà le motivazioni che le avevano fatto intraprendere la carriera di soldato.

-Io ero interessata a scrivere una storia che sfatasse un altro tabu quello delle donne soldato. Le donne hanno sempre ricoperto il ruolo di crocerossine, di ausiliarie almeno durante le due ultime guerre mondiali. Oggi partecipano a quelle che si chiamano forze di pace ma che in realtà sono forze di guerra, e lo fanno da vere guerriere. Soldatesse che come Manuela, vogliono fare carriera come tutte le altre. La letteratura non ha figure di soldatesse che ritornano a casa dopo la guerra. La donna soldato è vista come una contradizione dal momento che la donna, che dà la vita, non può essere portatrice di morte. Se però consideriamo il romanzo cavalleresco ci sono figure femminili come Clorinda e Bradamante che sono vere e proprie guerriere. Per non parlare della letteratura nordica che ne è piena. Le lettrici italiane del 500 si riconoscevano in queste donne dell’Ariosto, non in Angelica. Poi dal 1600 in poi le donne in guerra sono sparite.

Manuela capisce di voler tornare in Afghanistan per fare bene quello che non era riuscita a fare, tuttavia non ci riuscirà.

Un giorno perfetto parla di una situazione urbana dove trionfa la disperazione, mentre Vita è storia di emigrazione.

Un giorno perfetto è la storia della fine di una famiglia dove un uomo maltratta sua moglie, cercando di ucciderla non riuscendoci. Un contro-noir dove alla fine l’uomo proverà ad uccidere i figli.
Anche Vita per il quale vinsi il premio Strega ed è pubblicato da Nordstedt è un romanzo “sociale.”

 È la storia di mio nonno che emigrò negli USA e Vita era la sua donna, che per una serie di ragioni non è diventata mia nonna. Quindi una storia di emigrazione. Studiando la mia famiglia ho scoperto che quella storia di emigrazione era una storia comune a tutta l’Europa. Oggi, certo per mancanza di cultura e di memoria, non siamo ancora riusciti a trovare la giusta misura tra il passato che ci coinvolgeva direttamente e il presente che coinvolge altre vite ed altre realtà a noi esterne.

 

Qual è la differenza tra giornalismo e letteratura?

-In effetti tutte le mie storie nascono da un’inchiesta. Inchieste che poi io sviluppo e le trasformo in romanzo. Avventure di conoscenza che condivido con i lettori. Anche Limbo racconta una storia che nasce da un inchiesta ed anche Vita, perché ho scoperto che mio nonno che era di Minturno, un paesino tra Roma e Napoli, non aveva mai visto Roma, mai visto Napoli. L’unica grande città che aveva visto era New York. Lui parlava soltanto il dialetto del suo paese, ed ha imparato o scoperto ad essere italiano negli Stati Uniti.

Se ci pensi bene è la stessa storia per gli emigrati dal Bangladesh. Uomini e donne che ricordano i vecchi braccianti italiani del secolo scorso. Uomini e donne che scoprono un mondo del tutto diverso dal loro, e noi l’Italia diventiamo come l’America per mio nonno, solo che l’Italia non ti aiuta.
Comprendo che si tratta di storie nazionali diverse ma in America, quella di mio nonno, c’era una dimensione di accoglienza sociale per l’emigrante che in Italia e forse in Europa non esiste, o forse esiste ma solo in alcune nazioni come la Svezia. 

Stai scrivendo qualcosa in questo momento.

Sto lavorando ancora a Museo del mondo e poi ad un romanzo abbastanza “avviato” e ho anche iniziato una lunga ricerca su di un’artista non conosciuta ai più, un po’ come per la figlia di Tintoretto.

Cosa pensi dell’ambiente intellettuale e sociale svedese?

Anche se qui sono stata diverse volte e non solo in relazione alla pubblicazione dei miei romanzi ho una esperienza limitata della Svezia. Sento che c’è molto da costruire, da noi esiste il thriller alla svedese, ma non si sa molto su tanti altri autori magari più interessanti, autori contemporanei intendo. Ma deve essere la stessa cosa anche per gli scrittori italiani penso. Da noi però si traduce molto forse di più che non in Svezia essendo l’inglese la vostra seconda lingua.

 

Intervista a cura di Guido Zeccola