Dove è andata a finire la sicurezza sociale svedese?

Le nuove regole dell’Istituto svedese di previdenza sociale (Försäkringskassan) sono state negli ultimi anni oggetto di molte critiche. La sicurezza sociale svedese che non molti anni fa garantiva a tutti di vivere in modo umano, civile e dignitoso si è dovuta adeguare allo sviluppo economico del paese, e all’ideologia degli ultimi due governi.

                 


C’erano tempi in cui, in Svezia, un lavoratore poteva “mettersi in malattia”anche per un solo giorno, e la Försäkringskassan pagava l’80% dello stipendio. Il datore di lavoro aveva costi minimi e si poteva permettere di assumere sostituti per periodi più o meno lunghi. Negli ultimi anni lo stato svedese ha imposto ai datori di lavoro un peso economico maggiore, rendendoli responsabili economicamente in parte, per le prime due settimane di malattia del lavoratore. L’idea iniziale era quella di responsabilizzare il datore di lavoro ad iniziare un percorso di riabilitazione dei lavoratori assenti per malattia e ricuperarli al più presto possibile. In effetti oggi il datore di lavoro non assume dei sostituti per non incidere negativamente sull’economia dell’azienda. 

Ci sono esempi eclatanti dove la Försäkringskassan fa di tutto per costringere malati a cercare lavoro. L’ultimo esempio della FK è quello di una certa Åsa che pur essendo malata di cancro con tanto di certificati medici che dimostrano l’impossibilità fisica di lavorare viene costretta a cercare lavoro e in caso di rifiuto minacciata di ricevere un sussidio inferiore. I casi estremi per risparmiare a scapito di malati sono all’ordine del giorno. Un lieve miglioramento in materia si può comunque notare, forse dovuto al fatto che si avvicina il giorno delle elezioni politiche e che l’attuale governo nota una forte perdita di consensi a favore dell’opposizione.

MP