Mauro Luppichini il bibliotecario di Uppsala che i libri più che leggerli li scrive

Mauro Luppichini dice di essere sempre stato un italiano anomalo. Ha avuto una vita piena di viaggi e avventure e ha vissuto in Svezia quasi 50 anni. Dall’87 ha vissuto e lavorato a Uppsala. Ma Mauro si è soprattutto dedicato al vero lavoro: scrivere

Quando sei arrivato in Svezia? Dopo un periodo di oltre due anni a Tankerton, Inghilterra, sono arrivato in Svezia (la prima volta) a Stoccolma nel 1964 e vi sono rimasto fino a metà 1968. Sono ripartito per andare in Brasile dove sono rimasto un anno e mezzo. E in seguito U.S.A. Ritornato in Italia ho conosciuto mia moglie Eva Lena che studiava ceramica a Firenze. Fu piacevolmente sorpresa di incontrare uno che parlasse la sua lingua e così dopo esserci frequentati nei suoi tre mesi di permanenza decisi di trasferirmi con lei in Svezia. Era l’anno 1973.

Sin da ragazzo ho sempre avuto la passione di scrivere. Ho sempre avuto un lavoro manuale ma ho considerato la scrittura il mio vero mestiere. A causa di questo mio essere spesso on the road molti di questi ricordi di viaggio, e gli inevitabili incontri, sono diventati materia di racconto.

Tu hai certo lavorato con molte altre cose ma il lavoro di bibliotecario ad Uppsala mi pare il più interessante.
In realtà è come Assistente Biblotecario che ho cominciato, alla Folkbibliotek di Luleå. Dopo di che, nel 1987, ci siamo trasferiti a Uppsala dove ho subito iniziato a lavorare alla Stadsbiblioteket. Vi ho lavorato per 22 anni, fino alla pensione, tre anni fa, e quando cominciai forse ero l’unico straniero impiegato. Il lavoro in biblioteca non consiste solo nel leggere libri, tutt’altro, questo generalmente lo si può fare a casa perché altrimenti il tempo per leggere non l’hai. C’è da sistemare i libri sugli scaffali, il turno al banco, informare il pubblico, riparare i libri sciupati, catalogare, escludere libri invecchiati, o sistemarli in magazzino,ecc… Insomma siamo sempre in movimento e non si ha certo il tempo di leggere. Negli ultimi 6 anni ero principalmente di servizio al banco, dove si ricevono i clienti. Ero diventato popolare, la gente mi riconosceva e mi chiamava per nome. Era sì routine, ma anche divertente ed interessante sotto molti aspetti, incluso l’aspetto umano.
Ricordo tra gli italiani che sono venuti in biblioteca il nostro Oreglia, venne a fare delle conferenze sulla Commedia dell’Arte. Ricordo che gli feci leggere il manoscritto del mio primo romanzo e lui me lo restituì a Stoccolma con tutti i suggerimenti e le correzioni.

Quindi un bibliotecario scrittore…
Sin da ragazzo ho sempre avuto la passione di scrivere. Ho sempre avuto un lavoro manuale ma ho considerato la scrittura il mio vero mestiere. A causa di questo mio essere spesso on the road molti di questi ricordi di viaggio, e gli inevitabili incontri, sono diventati materia di racconto.
Ho vissuto tra l’altro a Knoxville, Tennessee, dove mi sposai per la prima volta, con Charlene, e per un breve periodo ho frequentato la locale università. Ho viaggiato in lungo e largo nell’America centrale e del sud, oltre naturalmente a diversi paesi europei, tra i quali Islanda e Svalbard. Così racconti di viaggio, a volte reportage pubblicati su alcune riviste in Italia, anche se mai strettamente autobiografici perché il narrare mi consentiva di spaziare ed inventare, pur restando sempre fedeli alla verità.

A parte questo c’era la mia vita privata, mia moglie, il primo figlio Conrad (dallo scrittore Joseph Conrad) nato nel 1978, poi Seffira, nome che viene direttamente dalla Bibbia, nel 1983. E infine a Uppsala la casa, un po’ fuori città, acquistata con non pochi sacrifici. Che per me importante fu perché quello finalmente era il luogo dove ritornare, un luogo dove costruire, riparare, inventare, creare. Poi dopo il divorzio nel 1993, e pur sempre in stretto contatto ai miei figli ho ricominciato a viaggiare e quindi a scrivere, A Xapanà dei due fiumi è il mio primo libro, pubblicato in quell’anno..

Adesso stai scrivendo delle short stories, una raccolta di racconti brevi
Sì, la cosa mi appassiona molto. Quando ho detto che non avevo tempo di leggere non dicevo proprio la verità. Infatti negli anni ‘60 Strindberg e Pär Lagerkvist furono un’esperienza fondamentale per me. Ma poi ne vennero altri: Conrad, Celine, Faulkner, Hemingway…e molti altri. Questo per imparare a scrivere. E per cercare infine di trovare la propria voce, dimenticando così gli atri. Il rispetto e l’attenzione per i grandi scrittori rimane ma davanti alla pagina bianca sei solo, ed è lì che comincia l’avventura, e una continua lotta.

Hai nostalgia dell’Italia e degli italiani?
Quando i figli erano piccoli andavamo spesso in Italia, a Firenze dove vivevano i parenti più stretti. Poi ho gradualmente perso il fratello più giovane, poi l’altro, mio padre, mia madre… tu capisci non avevo più motivo né  voglia di andarci. Sarebbe come ritornare da turista. Tuttavia quello che mi manca molto è la possibilità di parlare in italiano. So che esistono associazioni di italiani ma non a Uppsala. Però la colpa è mia, sono un solitario…comunque qualche volta mi farebbe piacere partecipare a qualche incontro.

In questi 50 anni ho per lo più usato lo svedese, mi manca l’italiano parlato e come vedi sento un certo imbarazzo a trovare la parola giusta. Ma non quando scrivo.
Quando scrivo è tutto diverso.
Quando scrivo ritorno a casa mia.

Chi mi volesse scrivere per farmi magari delle domande sulla Svezia di una volta lo può fare scrivendomi a vigo1944@gmail.com.

Intervista a cura di Guido Zeccola