Un fiore per Anders Trulson

discendenti del pittore svedese a Civita d’Antino ad oltre un secolo di distanza dalla sua morte

Weekend italiano per un gruppo disvedesi convenuti in Abruzzo, a Civita d’Antino, oltre che dalla Svezia, anche da Germania e Stati Uniti per visitare il piccolo paese montano,  dovenell’estate di oltre un secolo fa visse la sua ultima stagioneil loro avo, il pittore Anders Trulson, scomparso il 24 agosto 1911, rimanendo lì  sepolto.
Uno dei discendenti del pittore, Jan Olsson, che parla la lingua italiana, nella primavera 2014 si trovava a Roma, apprendendo casualmente della mostra “Impressionisti danesi in Abruzzo”, esposta presso il museo Andersen. Visitò la mostra, che faceva emergere con opere significative la scuola di Kristian Zahrtmann a Civita d’Antino, il paesino della Valle Roveto che da 1883 era diventata sede del singolare cenacolo scandinavo, che comprese lo stesso Trulson. Scoprì anche della  pubblicazione del libro “Anders Trulson è qui: breve storia del pittore svedese rimasto per sempre tra le montagne abruzzesi”, che ho scritto insieme a mio fratello, Sergio Bini, per l’editore D’Abruzzo-Menabò, rimanendo emozionato dal piccolo saggio, dalla descrizione del singolari caratteristiche del piccolo cimitero napoleonico dove è sepolto l’artista e dal desiderio della comunità locale di ricordare il giovane artista scandinavo nel centenario della sua morte. Peraltro, proprio la ricerca della tomba di Trulson portò a recuperare l’importanza storica e architettonica dell’antico cimitero in ambito nazionale, lasciato per il nuovo alla fine degli anni trenta.
Queste motivazioni hanno fatto scattare il desiderio di coinvolgere i parenti nell’idea di un viaggio in Abruzzo alla ricerca delle tracce legate ad Anders Trulson.
Il desiderio di realizzare il viaggio è stato ulteriormente rafforzato dalla lettura dell’intenso libro di Johan Werkmaster ”Lärkorna i L’Aquila, Abruzzo, Italiens hjärta (Allodole a L’Aquila, Abruzzo cuore d’Italia),  uscito in Svezia nel marzo scorso. 
Trulson era nato a Tosterup, piccolo villaggio vicino Lund, nel sud della Svezia, ora compreso nel comune di Tomelilla.  Era giunto nel paese nel mese di giugno, insieme al maestroKristian Zahrtmann, di cui era stato allievo a Copenhagen alla fine dell’Ottocento. Era già stato in Italia nel 1905, soggiornando in Trentino, a Torbole, grazioso paese sul lago di Garda.
Malato di tubercolosi, le sue condizioni di salute peggiorarono progressivamente fino alla morte. Aveva appena compiuto 37 anni. Fu amorevolmente assistito dagli amici pittori e dalla famiglia Cerroni, la cui pensione era diventata sede della scuola italiana di Zahrtmann. Nonostante le sue precarie condizioni di salute, Trulson lavorò intensamente fino all’ultimo. In quell’estate del 1911, l’intero paese accompagnò Trulson nel suo ultimo viaggio verso il cimitero vecchio di Civita, dove è ricordato da una artistica lapide in bronzo, che oltre al nome riporta l’anno di nascita e quello di morte.
Zahrtmann scrisse successivamente, in un articolo pubblicato su una rivista culturale svedese, che davanti al cimitero, dove l’intero paese aveva accompagnato l’artista – uno studente del paeselesse alcune parole in ricordo dell’artista “venuto come straniero ma morto come amico”.
In Svezia era diventato noto soprattutto come ritrattista. Sue opere sono presenti nei principali musei scandinavi. I suoi ultimi quadri sono ispirati ai paesaggi di Civita d’Antino. Un suo quadro riprende momenti di vita con lo sfondo di Porta Campanile, distrutta per sempre dal terremoto del 1915.
Allora il paese contava quasi duemila abitanti, mentre oggi appare deserto, essendo possibile muoversi nel silenzio dipiazzette e strade senza incontrare nessuno, salvo qualche anziano che saluta con antica cortesia gli stranieri. E’ rimasto un solo negozio aperto in tutto il paese, che sembra purtroppo destinato a spopolarsi del tutto nel giro di pochi anni.
Gli svedesi hanno sostato in silenzio davanti ai portoni chiusi di Casa Cerroni, dove il pittore soggiornò. 
Il gruppo ha poi raggiuntoil cimitero, percorrendo l’antico sentiero italico che un tempo collegava Sora a Civita d’Antino, lungo il quale sono stati raccolti semplici fiori di campo da portare sotto la lapide di Trulson, dove era già presente un lumicino. Da quando è riemersa la storia dell’artista non manca chi si ricordi di lui recandosi a visita il vecchio cimitero abbandonato.
E’ stata anche apprezzata l’iniziativa promossa dalla ProLoco il 24 agosto 2011, che a distanza da un secolo dalla morte del pittore, volle ricordare Trulson, in coincidenza con la pubblicazione del libro.
Nel corso del soggiorno gli svedesi sono stati accolti in comune dall’ex sindaco Paolo Fantauzzi che dopo il suo saluto ha voluto consegnare personalmente a ciascuno di loro una copia dell’atto di morte del pittore, munita del timbro del Comune. 
La base d’appoggio degli svedesi è stata l’Antica Osteria Zahrtmann, divenuta ormai una sorta di centro di documentazione del cenacolo scandinavo, comprendente anche alcune riproduzioni di opere di Trulson. Proprio per quest’impegno, Jan Olsson ha voluto donare, a nome dei suoi, a Roberto Zainauna ponderosa biografia sul pittore curata da Nils Gosta Sanblad,  pubblicata a Lund nell’anno 1944, ringraziando a nome di tutti per l’accoglienza e per il memorabile soggiorno, impegnandosi anche nella ricerca della attuale collocazione in musei o collezioni delle opere che l’artista realizzò a Civita.
E’ stato espresso il desiderio ditornare anche per visitare la collezione della Fondazione Pescarabruzzo che raccoglie opere di Zahrtmann e della sua scuola, le quali raccontano la bellezza e la vita del paese prima del terremoto del 1915, che oltre a provocare morte e distruzione determinò la fine di quel singolare cenacolo scandinavo nascosto tra le montagne abruzzesi.
Non si può certo negare che il viaggio dei discendenti di Trulson a Civita d’Antino fosse una speranza che i suoi autori avevano riposto tra le pagine del libro. Coglieva nel giusto Ennio Flaiano quando scrisse in uno dei suoi aforismi che “Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni”.

Antonio Bini