NAPOLI CITTÀ ETERNA

Iniziamo con questo articolo una serie di piccoli reportag sulle città italiane ed alcuni aspetti della loro storia remota. Ci farebbe piacere ricevere dei contributi seri e concisi da parte dei nostri lettori, inviandoli a info@fais-ir.com.
La prima città è Napoli.
Napoli è una città antichissima. La fondazione sull’altura del Monte Echia di Palaepolis (la città antica) risale con molta probabilità al IX secolo a. C.
La stessa Neapolis (la città nuova) mostra ancora ben leggibile il tracciato insediativo del V secolo a. C.
“Gli antichi – ha scritto Italo Calvino – rappresentavano lo spirito della città, con quel tanto di vaghezza e quel tanto di precisione che l’operazione comporta, evocando i nomi degli dei che avevano presieduto alla sua fondazione: nomi che equivalevano a personificazioni di elementi ambientali, un corso d’acqua, una struttura del suolo, un tipo di vegetazione, che dovevano garantire della sua persistenza come immagine attraverso tutte le trasformazioni successive, come forma estetica ma anche come emblema di società ideale. Una città può passare attraverso catastrofi e medioevi, vedere stirpi diverse succedersi nelle sue case, vedere cambiare le sue case pietra per pietra, ma deve, al momento giusto, sotto forme diverse, ritrovare i suoi dei”.
Napoli ha metaforicamente trasfigurato il senso della sua fondazione nel mito di Partenope, desunto da un più antico culto della sirena radicato nella preesistente città di Palaepolis. Come in altre leggende, diversi significati allegorici si sono fusi e confusi con enigmi esoterici, in un groviglio semantico difficile da districare in chiave scientifica.
Tuttavia è tutt’altro che inutile tentare l’ermeneutica dei miti, non foss’altro perché sotto l’apparente ingenuità delle favole si celano valori antropologici profondi dell’onirico collettivo.
Nella versione più arcaica del mito, Partenope era un ibrido di gentilezza umana e di belluinità animale: il volto di una fanciulla connesso al corpo di un uccello . La vergine alata sarebbe nata dal dio-fiume Acheloo e dalla madre-terra Persefone.  Vivendo tra le rocce e tra i boschi lungo le coste del mare, Partenope aveva tentato invano di sedurre Ulisse, propinandogli con la dolcezza del suo canto l’inganno della rappresentazione idilliaca del passato. Respinta dall’astuto “eroe della conoscenza”, deciso a proseguire a tutti i costi la rotta esplorativa nell’arcipelago delle civiltà mediterranee, spinto dall’incontenibile volontà di nuove esperienze, la sirena si era suicidata, lanciandosi dall’alto di una rupe (katapontismòs), ed il suo corpo, trainato dalle onde del mare, era rimasto imbrigliato tra gli scogli del golfo napoletano.
Nel mito arcaico il corpo di Partenope fu sepolto a Megaride, l’isolotto di approdo dell’antica Palaepolis, ma nei racconti posteriori il sepolcro della vergine venne traslato dentro le mura di Neapolis, in assonanza con la diffusa credenza dei riti di fondazione. Resta incerta l’esatta ubicazione del sepolcro. Alcune fonti indicano un antro sottostante all’attuale Chiesa di San Giovanni Maggiore, ma altre lo collocano nel cuore stesso della nuova città, vale a dire in un naos racchiuso tra le mura isodome (V secolo a.C.) che funsero poi da basamento del Tempio dei Dioscuri (I secolo d.C.).
Ritornando ai miti sulla genesi della città, la favola più suggestiva resta quella che descrive la metamorfosi di Partenope, dissoltasi nella morfologia stessa del paesaggio, distesa lungo tutto l’arco del golfo, con il “capo” poggiato a oriente nell’altura di Capodimonte, il “corpo” delimitato dalle mura urbane ed il “piede” (o coda) ad occidente, immerso nel mare ed affiorante nel promontorio collinare di Posillipo. Così il rito della fondazione urbana si estese al culto del paesaggio, in armonia con gli ideali ellenici di venerazione della natura.

Per ironia della storia, anche la reale crescita urbana sembra aver seguito il tracciato di questa immaginaria metamorfosi. Il nocciolo storico più antico – racchiuso all’origine nel nitore euclideo del suo tracciato, ancora ben visibile dall’alto della Certosa di San Martino – è cresciuto distendendo come una pianta la rete delle sue lunghe radici sulle adiacenti colline, in uno sviluppo apparentemente senza ordine. Vista dal mare, però, la città appare a suo modo armonica, adagiata sulla cavea naturale delle sue alture collinari simile ad un teatro ellenico aperto sullo spettacolo del golfo. È la natura insomma ad aver offerto la base orografica del fascino urbano di Napoli. Non a caso l’immagine da cartolina per antonomasia ritrae la città racchiusa nell’intervallo tra un pino e lo sfondo del Vesuvio, mentre in altre città europee viene eletto quasi sempre un monumento a fungere da simbolo. Si pensi alla Tour Eiffel per Parigi, al Big Ben per Londra o a San Pietro per Roma.

Gilda Melodia