La notte è racconto…in musica. Intervista a Fabio Vacchi


F. Vacchi, Foto: Gian Luca Rossetti

F. Vacchi, Foto: Gian Luca Rossetti

Insieme a Magnus Andersson (chitarrista) ho incontrato il compositore italiano Fabio Vacchi durante il suo soggiorno a Stoccolma in occasione dell’esecuzione del suo Quintetto Notturno Concertante presso la Konserthus. L’evento è realizzato dall’ambasciata italiana in collaborazione con quella greca come omaggio all’Unione Europea che quest’anno ha visto la Grecia alla presidenza dal 1 gennaio fino alla fine di giugno e che vedrà ora l’Italia prenderne il posto dal 1 luglio al 31 dicembre. Il chitarrista per il quintetto è l’italiano Adriano Walter Rullo, ma il musicista che prima di ogni altro eseguì questo pezzo, fu Magnus Andersson. Incontriamo il maestro Vacchi in uno dei saloni della magnifica ambasciata italiana aWaldermarsudde alla presenza dell’ambasciatore Elena Basile. Fabio Vacchi non è così conosciuto in Svezia ma le sue opere sono eseguite ovunque nel mondo dirette da grandi direttori come Metha, Muti, Marriner, Abbado e tanti altri. Vacchi non compone musica per film, tuttavia molti registi, come per esempio, Ermanno Olmi, hanno trovato nella musica del maestro, fonte di ispirazione per costruire molte sequenze dei suoi film.

Molti dei lavori da te composti hanno un impronta, se lo consenti, “notturna” almeno se pensiamo ai titoli: Notte italiana, Voci di notte, Notturno Concertante ed anche un in svedese En vinternatt (una notte d’inverno), la notte sembra affascinarti molto. 
Se vuoi puoi aggiungere anche tre veglie, veglie funebri come quella da me dedicata a Luciano Berio. La notte. Lo scandire cronologico del tempo si ferma ed un altro “tempo” appare. Un tempo per la meditazione. I contadini erano solito radunarsi nelle stalle d’inverno al calore delle mucche e raccontavano le loro storie. La notte ci chiede di essere raccontata. La notte è 

narrazione, la notte è racconto, saga, racconto che deve essere condiviso e tramandato ai posteri. Questo faceva l’uomo arcaico, ma questo hanno continuato a fare i contadini, i cacciatori, i guerrieri e i nomadi… un tempo.
La narrazione, il raccontare è qualcosa di importante nell’arte contemporanea e, intendo, non soltanto per la musica.
Ricordo che quando in Italia uscì Cent’anni di solitudine, 1973, gli scrittori di avanguardia cominciarono a dire: Ma come si possono ancora scrivere lunghi romanzi, il grande romanzo appartiene al passato. Il raccontare non ha futuro, è un nonsense. Pierre Boulez diceva che il racconto era morto. Io ho sempre pensato che il raccontare ricopra un ruolo molto importante nella nostra esistenza, e ne sia forse l’elemento più profondo. Questo l’ho pensato dall’inizio degli anni settanta. Molto attuale è la ricerca neurologica sul cervello e sul sistema neuronale hanno stabilito che il cosiddetto Self è costretto a fare un’operazione squisitamente di taglio narrativo. Se io chiedo: Chi sei tu? Per potermi rispondere hai bisogno di fare un’operazione psichica, un movimento che è tipicamente narrativo, tu devi raccontare quello che sei per dimostrare a te stesso che tu esisti.
Questo vuole dire che il raccontare è parte strutturale della nostra vita, come il mangiare, il bere, e il riprodursi. C’è stato un momento nella storia dell’avanguardia storica che alcuni momenti di un brano musicale erano definiti narrativi ma con un senso di disprezzo intellettuale. Era qualcosa di assolutamente inaccettabile per il musicista schierato ideologicamente.
Notte italiana, il titolo è sarcastico, nel brano cin sono molti momenti sottolineati da grottesche fanfare, l’ironia è alla base del lavoro ed è nello stesso tempo, la notte che l’Italia attraversa in questo tempo, ma è una notte intesa come oscurità ed assenza di luce.

Voci di notte è la moltitudine di persone che si muove di notte, che lavora, soffre, cerca un luogo dove riposare, la notte di quelli che soffrono e che schiamazzano, la notte nelle grandi città.

E poi c’è Notturno concertante. Forse tu Magnus dovresti cominciare a parlare di questo brano, tu che sei stato il primo ad eseguirlo…
Fabio: Non soltanto il primo ma anche il promotore di questo brano.
Magnus. C’era una commissione da parte della Rikskonserter e della Accademia musicale, poi abbiamo avuto LaStockholm Nya Kammarensemblen diretta da Esa Pekka Salonen che anche loro avevano espresso il loro interesse. Il brano venne composto nel 1993 ma ha richiesto del tempo prima di poterlo presentarlo per il pubblico.
Fabio: nel 1997 l’associazione musicale De Sono a Torino organizzò un ritratto musicale del sottoscritto e fu allora che io proposi Concerto Notturno che Magnus eseguì.

La tua musica è una musica “modernista”?
Fabio: Non so, no non credo. Cosa è moderno? Mi piace fare una citazione: “Moderno è tutto quello che prima o poi diventa vecchio.” All’opposto c’è il cosiddetto classico che sempre attuale. Abbiamo avuto lo strutturalismo che era moderno per antonomasia. Boulez, tra i maggiori modernisti, proclamava il serialismo integrale, cioè una musica che si basava su calcoli matematici, La mia musica è forse più vicina a Schönberg, ma unoSchönberg pieno di atmosfere, liberato dalle scuole. Per il classico è eterno. Eterna è quell’arte che sempre parla a noi stessi, continuamente e all’improvviso. 
Non ha importanza se la musica ha 1000, 300 o soltanto 50 anni. Questa musica che si rivolge a noi, e continua a parlare con noi all’infinito. Questo perché, qualunque sia la linguaggio questa musica si serve, possiede qualcosa di eterno nel suo DNA. Cosa intendo per eterno? Quello che appartiene all’essere umano, quello che è sempre alla nostra presenza e che non ci abbandona mai. Ogni volte che ascolto la nona o un altro capolavoro, ogni volta sento che quella musica parla di me. Cosa intendo dire? Voglio dire che questa musica apre porte che in me erano chiuse, la musica mi aiuta a scoprire, a conoscere, a riconoscere, un’arte che parla al mio corpo, con i suoi sentimenti ed emozioni ed anche con la sua ragione. Ma un’espressione artistica che si rivolge soltanto alla mia ragione non mi appartiene, questo non perché sia una mia scelta, ma perché non appartiene alla natura umana. Goethe diceva che la buona musica è quella che non si ferma alle orecchie ma prosegue ed arriva a risuonare interiormente. Si tratta di una musica da utilizzare come mezzo per conoscere e riconoscerci, per poter incontrare quello che prima era nascosto. Cosa fa l’artista quando lavora? Questo indipendentemente dal fatto che componga della musica, che lavori con i colori o con le parole. L’artista ci racconta le sue visioni, la sua weltanschauung, artiste che può essere nevrotico a volte una persona sensibile che vive la sua inadeguatezza verso il mondo. Malgrado questo trova l’artistico una maieutica per poter comunicare con noi. Un modo eccellente di invocare la coscienza, la conoscenza e di stimolare il pensiero invece di cercare di dare delle risposte. Questo accade quando l’arte e veramente tale, quindi non chiacchera e decadenza commerciale.

La tua relazione con il cinema di Ermanno Olmi. Che relazione c’è tra immagine e musica?
Una relazione che posso soltanto definire bizzarra. Io non ho mai scritto musica per un film. Ci sono però stai registi che hanno utilizzato la mia musica nei loro film. Sono diventato amico di Ermanno Olmi perché suo dire la mia musica si relazionava ai suoi film, c’era, come dire una reciproca sensibilità. Come per esempio ne IlMestiere delle armi, un film su Giovanni dalle bande nere, cioè Giovanni de’ Medici. Io non mi sento sicuro con la musica per film, o, per dirla giusta, scelgo di non fare il compositore di soundtrack. Ma quando incontrai Olmi e lui mi chiese di poter utilizzare alcuni brani delle mie musiche per i suoi film, ebbene come dire di no ad un artista come Olmi? È per questo che abbiamo collaborato per alcuni film. Per farti capire meglio ti racconterò che Olmi si rifiutava di dirmi a quale scene riteneva associare quel certo brano di musica. Lui non voleva che io facessi della musica descrittiva. Lui ricercava una musiva che evocasse. Ermanno Olmi non gira il film e poi sceglie la colonna sonora, la musica; lui ha l’idea di un film in testa poi, poi sceglie la musica dalla quale parte per realizzare il film, per montare le scene. Lui costruisce il montaggio sul modo in cui la musica si scandisce, sul respiro della musica. È questo a creare unità, una sinergia tra musica ed immagine. Nel film Il Mestiere delle armi ci sono scene di violenza verbale che però vengono stemperate dalla musica, Olmi ha scelto suoni sottili, delicati il contrasto crea una esperienza fantastica, qualcosa che, si proprio così, non si può descrivere. Con Olmi ho girato anche altri film come Cento chiodi che poi è il suo ultimo film. Anche con il regista francesePatrice Chéreau ho girato GabrielleChéreau era un regista molto sensibile ed interessante venuto a mancare l’anno scorso.

Magnus, raccontaci di più del tuo lavoro con Fabio Vecchi
Magnus: sono molto felice di aver collaborato con lui, il pezzo era davvero difficile, Fabio sa che è molto difficile scrivere per chitarra. Ma io non ho avuto bisogno di cambiare una sola nota. Forse Quintetto Notturno Concertante è stato il lavoro più difficile da eseguire per me, eppure ho suonato musica molto complessa come quella di Ferneyhough e di Dillon. Una musica dove esiste un dialogo tra il solista e l’orchestra, proprio come nella musica classica, tradizionale.

Concerti per chitarra e orchestra sono molto rari, forse solo la musica spagnola. La situazione in Svezia, per quanto riguarda la musica, è molto difficile, questo sia da un punto di vista economico sia da quello artistico. Ho ancora speranze di poter eseguire il Quintetto notturno e concertante qui in Svezia, ma ora è il turno di Rulloa suonarlo nella sala Grünewald della Konserthus.

Fabio, è la prima volta che vieni qui? Conosci qualche musicista svedese?
Fabio: No, purtroppo no. Ma anni fa composi musica ispirato a En Vinternatt di Tomas Tranströmer da una commissione di Claudio Abbado. Ma non fu lui a dirigere il pezzo. Tuttavia a me è sempre piaciuto il confronto con altre discipline artistiche, così quando Abbado mi chiese di scrivere musica per una mostra di pittori scandinavi a Ferrara ringraziai e scelsi la poesia del premio nobel. Il brano fu eseguito dalla Gustav Mahler Jugendorchester con Neville Marriner come direttore.
Magnus: E questa versione di Quintetto Notturno concertante, che è stata commissionata da Pierluigi Ferraroche il consigliere dell’ambasciato qui a Stoccolma, è stato difficile trascrivere il pezzo da per orchestra e chitarra a per chitarra e quintetto d’archi?

No affatto, e ti spiego perché. Quando comincio a scrivere musica sono solito dare al brano la forma del quartetto quindi, certo cambiando qualche cosa, soprattutto i colori e certi valori, ma la struttura era quella e la parte per chitarra è rimasta la stessa. Sono molto soddisfatto per il risultato complessivo e del chitarrista Adriano Walter Rullo in particolare. Ricordo che questa versione è stata eseguita per la prima volta in Argentina, poi a Roma ed infine qui a Stoccolma.

Intervista a cura di Guido Zeccola