Le origini del teatro romano
Nel VI sec. a.C. il re Lucio Tarquinio Prisco (†579 a.c.) fondò i ludi romani a seguito della vittoria di Roma sulla città latina di Apiolae. Questi erano dedicati a Giove Ottimo Massimo. Inizialmente, duravano un solo giorno ma, col passare dei secoli, i festeggiamenti aumentarono fino a durare 15 giorni, dal 4 al 19 settembre con cadenza annuale. Durante i ludi romani del 364 a.C. nacque una nuova forma di teatro, i primi spettacoli teatrali della Roma antica. Di questi, ne abbiamo testimonianze grazie ai testi di molti scrittori e storici romani. Tito Livio nel suo “Ab urbe condita VII, 2” scriveva:
“La pestilenza infuriò tanto in questo quanto nell’anno successivo, durante il consolato di Gaio Sulpicio Petico[1] e Gaio Licinio Stolone.[…] si dice che tra i tanti tentativi fatti per placare l’ira dei celesti vennero anche istituiti degli spettacoli teatrali, fatto del tutto nuovo per un popolo di guerrieri i cui unici intrattenimenti erano stati fino ad allora i giochi del circo. […] per giunta importata dall’esterno. Senza parti in poesia, senza gesti che riproducessero i canti, degli istrioni fatti venire dall’Etruria danzavano al ritmo del flauto. In seguito i giovani cominciarono a imitarli, lanciandosi nello stesso tempo delle battute reciproche con versi rozzi e muovendosi in accordo con le parole. Agli attori professionisti nati a Roma venne dato il nome di istrioni, da ister che in lingua etrusca vuol dire attore.”[2]
Anche Orazio parla delle Fescennine nelle sue Epistulae (II, 1, 139):
“La libertà del fescennino, sinché si limitò a scherzi piacevoli, fu ben accolta nelle ricorrenze annuali. Ma gli scherzi divenuti crudeli cominciarono poi a trascendere in rabbiosi attacchi personali, penetrando truculenti e impuniti in case oneste.”[3]
Fescennini, Satura e Atellana
Le forme di teatro introdotte a Roma durante i ludi romani furono: i fescennina licentia[4], la Satura e l’Atellana.
I fescennini, manifestazione tipica del mondo agreste, erano un vivace scambio di rozzi e improvvisati versi, che i gruppi di contadini si scambiavano nel corso delle cerimonie dopo il raccolto o nelle feste dei Liberalia[5], in onore del dio della fecondità.[6]
La Satura, invece, è una rappresentazione drammatica più complessa, di cui non è rimasto più nulla. I romani, unendo ai rudimentali versi alterni (i fescennini) e alla mimica, l’abilità e l’eleganza di movimenti accompagnati dal suono del flauto (imitando gli histriones etruschi), crearono un nuovo genere di spettacolo, detto Satura che, in breve tempo, s’impose ai gusti del pubblico e fu ufficialmente accolto nei ludi.
Con Lucilio la Satura cambia, assumendo la caratteristica di critica della società e dei potenti dell’epoca, aprendo la strada a Varrone Reatino e Orazio, che svilupperanno il genere satirico in una forma indipendente ed esclusivamente letteraria.
L’atellana (o fabula atellana), era una farsa di carmi mimati, di origine Osca che traeva il nome da Atella, piccola città Campana vicino all’odierna Aversa, in cui gli attori indossavano maschere che li trasformavano in personaggi facilmente riconoscibili dal pubblico e improvvisavano su un rudimentale canovaccio prestabilito un argomento burlesco, con un linguaggio semplice e volgare, giocato sui temi del sesso e del cibo. I ruoli più comuni erano: Pappus, vecchio rimbambito, lussurioso e avaro, ingannato dall’amante e dal figlio; Maccus, lo sciocco, vittima predestinata dei furbi; Bucco, il servo chiacchierone e mangione e Dossennus, vecchio gobbo e astuto, parassita e amante dei banchetti (associato a Manducus da Varrone ed Orazio).
A queste maschere se ne aggiungeva un’altra: Kikirrus, il cui nome richiama il verso del gallo. Questa sembrerebbe essere l’antenata di Pulcinella, con cui condividerebbe sia l’aspetto sia il nome che, in entrambi i casi, richiama quello di un uccello[7]. Poiché era posta alla fine di una tragedia o di una commedia alla greca, era nota anche col nome di exodium Atellanicum (spettacolo di uscita).
La nascita del dramma a Roma
Lo scoppio della guerra con Cartagine portò le truppe romane in Magna Grecia. Le campagne in Sicilia durarono circa vent’anni, periodo in cui i romani conobbero il teatro greco.[8]
Nel 240 a.C., durante i Ludi Romani, fu ordinato a Livio Andronico (nativo di Taranto, fatto schiavo dai romani nel 272 a.C. durante la guerra contro Pirro, re dell’Epiro[9]) di rappresentare un dramma greco traducendolo e adattandolo al gusto del pubblico romano.
Fu una vera innovazione. Commedie e tragedie di imitazione greca avevano un copione interamente scritto e organizzate secondo regole stilistiche e formali impensabili prima di allora.
A differenza di quelle greche, nella commedia romana fu eliminato il coro e introdotto l’accompagnamento musicale. I titoli dei drammi riscritti e recitati da Andronico evidenziano una preferenza per miti avventurosi e melodrammatici, in cui s’intravede uno stile altisonante e il gusto del patetico (caratteri tipici della tragedia romana).[10] Invece, il genere comico trova il suo fondatore in Gneo Nevio (plebeo e cittadino romano d’origine campana). Anche lui riscrive le opere greche in chiave latina, ma in modo più creativo.
Nacquero in questo periodo quattro sottogeneri di forme teatrali: la fabula Palliata, la Fabula Togata (per la commedia) e, la fabula cothurnata e la fabula praetexta (per la tragedia).
La fabula Palliata aveva temi e ambientazione greche, chiamata così per il pallium, il mantello indossato dagli attori greci mentre, la Fabula Togata, di contenuto e ambientazione romana, prende il nome dalla tipica toga di Roma.
I primi, fondamentali, autori di commedie a Roma furono: Plauto e Terenzio.
La fabula cothurnata, così chiamata per le particolari calzature, i cothurni indossati dagli attori, ha temi e ambientazioni greche.
La fabula praetexta ha temi e ambientazioni romane che prendono il nome dalla toga praetexta orlata di porpora, tipico dei magistrati, usata in questo caso dagli attori.
Dunque, il teatro romano inizia intorno al VI sec. a. C. con i rozzi versi dei Fescennini che, grazie all’influenza etrusca, si evolve in Satura fino ad arrivare alle Atellane ma, bisogna attendere fino al II sec. a.C. per avere le prime vere forme teatrali, provenienti dalla Grecia e adattate al gusto romano, che prediligeva scene volgari e violente. Questo tipo di rappresentazione non durò a lungo a causa della mancanza di nuovi autori e della messa in scena dei soliti spettacoli che non ressero il confronto con le gare ippiche e i combattimenti dei gladiatori.
Francesca Stagliano
[1] Politico e militare romano eletto console nel 364 a.C. insieme a Gaio Licinio Calvo Stolone.
[2]http://www.progettovidio.it/AbUrbeConditaLibroVII
[3]http://www.treccani.it/enciclopedia/versi-fescennini
[4] Prima forma d’arte drammatica di Roma antica. Il loro nome deriva da Fescennia, città etrusca.
[5] Feste romane antiche in onore del dio Libero (Bacco). Si celebravano ogni anno, il 17 marzo. In quel giorno i giovani assumevano la toga virile. http://www.treccani.it/enciclopedia/liberali/
[6]http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/letteratura-latina/arcaica/origini/Il-teatro.html
[7]http://www.ilmediano.it/aspx/visArticolo.aspx?id=16366
[8] P.33, William Beare “I Romani a teatro”, editori Laterza
[9]http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/letteratura-latina/arcaica/andronico_nevio/Livio-Andronico.html
[10] Pp.122-123, E. Adriani, “Storia del teatro antico”, ediz Carocci