Quanto vale una vita

Tutte le vite umane hanno lo stesso valore. Lo affermano le costituzioni democratiche, i documenti internazionali, l’ONU. Indipendentemente dal sesso, dall’età, dalla etnicità, dalla religione.

Sappiamo anche che questa, purtroppo, per ora non è una constatazione, piuttosto una presa di posizione ideale, un’intenzione. Sappiamo che è il caso a decidere chi potrá godere di tutti diritti umani e chi solo di pochi o di nessuno: basta nascere dalla parte sbagliata di un meridiano, o addirittura dalla parte sbagliata di un fiume.

Sappiamo anche, è una storiella che circola tra i giornalisti, che per far notizia un morto europeo corrisponde circa a 50 asiatici o a 100 africani. Che non fa notizia un incidente stradale in India se non sono morte almeno 100 persone, mentre in Svezia basta un morto. Forse è anche comprensibile, la vicinanza, geografica ma anche culturale, facilita l’empatia.

E tuttavia…a volte l’ingiustizia, la sproporzione delle reazioni è cosí palese da tagliare il respiro.

I primi di gennaio, in un attentato terroristico sciagurato, insensato e crudele, hanno perso la vita dodici giornalisti francesi. Ha reagito la Francia, l’Europa, il mondo. Titoli a caratteri cubitali nelle prime pagine dei giornali, lunghi  servizi nelle pagine interne, interviste ai testimoni e ai superstiti. Decine di migliaia di persone hanno sfilato per le strade, a Parigi e in altre città; capi di governo, re e regine, intellettuali e artisti hanno espresso il loro cordoglio. “Je suis Charlie”.

Negli stessi giorni, gli stessi giorni, morivano annegati o congelati nelle acque del Mediterraneo circa 300 persone partite dalla Libia, proprio di fronte all’Italia. Uomini, donne, bambini che fuggivano il terrore, la dittatura, la decomposizone della società civile in cui vivevano, l’ingiustizia, la fame. Il numero esatto non si sa, erano “clandestini”: si parla di 420 persone suddivise in quattro gommoni. Ne sarebbero morte 330.

Reazioni nella grande stampa? Qualche articoletto in quarta pagina, articoli più lunghi in piccole riviste con pochi lettori o nelle agenzie di stampa.

Il Mediterraneo, il nostro bel  mare nostrum, è diventato ora un’immenso cimitero a cielo aperto. Dal 1988 vi sono morte 19 800 persone, 3 419 dal gennaio dell’anno scorso. Vicino alle coste italiane.

Non è forse venuto il momento di stampare migliaia e migliaia di magliette con su scritto: IO SONO UN NAUFRAGO?

Antonella Dolci