Le varianti Trasparenti

Su Ingrid Bergman e Roberto Rosellini

La docente Elena Dagrada ha pubblicato un magnifico libro Le varianti Trasparenti basato sui film di Rossellini con Ingrid Bergman, Il libro mostra anche tutta una serie di documenti visivi molto rari. Un po’ come la rassegna in onore di Rossellini e di sua moglie che anche con l’aiuto della FAIS, si realizzò a Stoccolma nel 2006, con tutti i film e i documentari della coppia.

Quest’anno però ricorre il centenario della nascita di Ingrid Bergman e, in omaggio alla grande attrice svedese, ho voluto incontrare Elena Dagrada per porle alcune domande.

Cento anni fa nasceva Ingrid Bergman. Lei ha scritto un libro Le Varianti Trasparenti che a definirlo fantastico è molto poco. Un libro che è poi uno studio straordinariamente minuzioso sui film di Rossellini con la Bergman. Ci parli meglio di questa trasparenza.

Nel titolo del mio libro, il termine “trasparenza” vuole evocare un paradosso. In linea di principio le varianti sono ciò che fa la differenza tra le diverse versioni di un film (o di un romanzo, ecc.), quindi sono ciò che si fa notare, che si nota… Eppure, per molti decenni gli studiosi di Rossellini queste varianti non le hanno notate, o ne hanno notate solo alcune, talvolta neppure le più importanti…  Io sostengo quindi – al di là dello studio filologico che propongo – che si tratti di varianti trasparenti: un paradosso appunto. Un paradosso dovuto alla straordinaria forza delle immagini dei film di Rossellini interpretati da Ingrid Bergman, che pone in secondo piano tutto il resto. Da un lato si tratta di film che hanno subito molti interventi censori e molte modifiche di varia natura. Ma d’altro canto, in ciascun caso le “varianti” generate tra le varie versioni restano sullo sfondo rispetto alla forza dei film e delle loro immagini, che rimane immutata. 
Si pensi a Europa ’51: ho rintracciato otto versioni, alcune delle quali hanno subito modifiche sostanziali, anche nei dialoghi. Ma in nessuna di esse mancano le immagini fortissime di Irene (Ingrid Bergman) che comunica allo spettatore il suo messaggio di forza, di pace, di “santità laica” (come la definiva André Bazin). In nessuna di esse viene modificata la trasformazione che subisce la protagonista a causa della morte del figlio: una trasformazione che la porta a seguire un percorso simile a quello di San Francesco, ad abbandonare tutto per meglio amare il prossimo, in cui ritrova il figlio perduto.
Allo stesso modo, in nessuna versione manca il forte senso di esclusione che il personaggio di Irene vive, e che Ingrid Bergman interpreta magistralmente.
Europa ’51 è infatti anche un film molto politico: forse il film più politico di Roberto Rossellini. Viene girato in piena Guerra Fredda, quando l’Italia è stretta tra i due poli (filoamericano e filosovietico) che simbolicamente opprimono il personaggio di Irene attraverso la figura del marito (borghese, capitalista) da un lato, e la figura del cugino Andrea (comunista) dall’altro. Nelle intenzioni di padre Morlion, che contribuì a renderne possibile la realizzazione, Europa ’51 doveva indicare la via del “giusto centro” rappresentata dalla Democrazia Cristiana e incarnata da Irene. Ma Rossellini, che proietta se stesso nel personaggio di Irene e in quanto è oppresso a sua volta dalla critica (cattolica da un lato, di sinistra dall’altro), fa di irene un personaggio escluso da entrambe le forze che la opprimono. Ne fa un’emarginata, una DIVERSA, come si sentiva Rossellini nel panorama del cinema italiano a lui contemporaneo.
Ne fa un personaggio da cui la società del suo tempo pensa di doversi difendere e perciò la rinchiude in manicomio.

La divisione della critica italiana (spesso negativa) e della critica francese (spesso positiva) nello giudicare sia Rossellini che la Bergman è lampante. Ingrid subì critiche anche in Svezia ma era qualcosa di diverso. A me sembra si contesti a Rossellini e quindi a Bergman  la loro visione “maledetta” del religioso, un religioso che diventa sacro, un po’, con i dovuti distinguo, come per Pasolini…

Anche la critica francese è stata in maggioranza negativa verso questi film. Una parte (ma solo una parte) dei Cahiers du cinéma li ha accolti positivamente, e poiché si trattava di critici prestigiosi che in seguito sono diventati registi famosi e hanno saputo combattere (e vincere) la difficile battaglia per la valorizzazione di questi titoli, oggi ci si ricorda solo di loro, ma nel complesso la critica in Francia fu negativa. 
Sicuramente, però, ogni paese accolse negativamente questi film a modo suo, per ragioni diverse. In Italia la critica cattolica fu molto influenzata anche dal comportamento privato del regista, non propriamente un modello di cattolico praticante! E certamente la visione del religioso secondo Rossellini era avvertita come una provocazione…
Ma Ingrid Bergman fu sempre trattata molto bene dalla critica italiana. Ne parlò male solo per Viaggio in Italia, ma… dando la colpa a Rossellini!! L’Italia ha amato moltissimo Ingrid Bergman e credo che l’abbia fatta sentire a casa. Sicuramente le ha dimostrato molta stima e molto affetto.

Crede che l’Italia, come paese, sia stato, a parte Rossellini, il motivo di attrazione e fascino più forte per Ingrid?

Credo di sì. Anzitutto perché, dopo anni di Hollywood, per lei l’Italia ha significato il ritorno nella sua “casa europea”: non dimentichiamo che non tornò più a vivere negli Stati Uniti. Dopo Roma (e dopo il mare di Santa Marinella, che amava moltissimo) si trasferì a Parigi, poi a Londra, tornò spesso in Svezia per le vacanze… ma non tornò più a vivere negli Stati Uniti. E poi in Italia fu davvero molto amata. Ammirata e amata. Credo che lo abbia sentito e che le abbia fatto piacere.

Ingrid Bergman non è solo Rossellini, ma ciò che lei trovò nel regista italiano, intendo a livello estetico e drammaturgico, forse non riuscì mai a trovarle in altri registi, con le dovute eccezioni, cosa ne pensa?

Sono d’accordo. Indubbiamente Ingrid Bergman è stata un’attrice eccezionale. E una grandissima professionista, che in quanto tale ha dato sempre il meglio di sé. Ma Rossellini è riuscito da solo a farle interpretare personaggi intensamente drammatici come Karin, Irene e Katherine, ma anche leggeri e “comici” (come in Siamo donne, un episodio in cui Ingrid Bergman è davvero bravissima), l’ha riportata al teatro (con Giovanna d’Arco al rogo). E soprattutto ha impresso un cambiamento fortissimo nella sua vita, che traspariva nei film in cui l’ha diretta (ancora una volta ritroviamo la trasparenza !!) e ha lasciato una traccia anche nella sua arte. Anche in Sinfonia d’autunno Ingrid Bergman è strepitosa e ritroviamo qualcosa di simile. Ma i suo “anni italiani” sono centrali, per lei. Esattamente come gli “anni bergmaniani” sono centrali del cinema di Rossellini. Basta guardare il volto di Karin e quello di Irene (l’ultima Irene: quella di La paura) per capire quanta vita c’è in mezzo.
La sua vita, e la vita di Rossellini, che ha sempre fatto solo film autobiografici e perciò ha sempre fatto di Ingrid Bergman una proiezione di se stesso. Senza di lei, non avrebbe potuto fare questi film.

Intervista a cura di Guido Zeccola